Prof. S. Caruso

Diva Severin - una pittrice pisana che sta affermando sempre più il proprio modo di essere artista prevalentemente ‘figurativa”, dipingendo immagini e situazioni non puramente accademcihe ma basate sull’immaginazione e la fantasia.

Potrei definire la pittrice Diva Severin come l’artista del “figurativo fantasioso”.

Ho avuto modo di visionare alcune sue opere durante qualche incursione nel suo studio, insieme a Mons. Catarsi. indotto dalla curiosità per l’opera che stava realizzando: “San Giuseppe”. Dopo un primo rapido sguardo all’opera. che avrei in seguito avuto modo di poter apprezzare e rivedere con più calma in altre occasioni, girovagavo un po’ nello studio “per curiosare” e visionare quant’altro giaceva sparso qua e là. 

Oli, tempere, tecniche miste e grafica. Paesaggi, fiori, autoritratti, frutta. nature morte ecc. emergevano e sì staccavano da quei dipinti in maniera docile, in grata armonia con l’ambiente, ed in sintonia con le espressioni di serenità dei primi piani raffigurati. Dialogando con l’artista, riuscivo a percepire i sentimenti che aveva cercato di inserire in quelle tele e non mi stupivo del perché un qualcosa fosse rappresentato in quel modo piuttosto che in un altro. Erano opere che raffigurano emozioni, sogni ad occhi aperti. luoghi e situazioni, scene di ringraziamento alla vita e al dono che essa ci ha dato.

Ho avuto l’impressione che in ogni quadro si unificasse il desiderio dì rappresentare la realtà nella forma, la luce nel colore. La pittura di Diva Severin contiene a mio parere la sintesi fra un canto roboante e un lieve sussurro udibile da tutti. Appare quasi timidamente e riesce a colpire tutti coloro che in qualche modo vogliono ascoltarla.

Anche “San Giuseppe” risponde a quei canoni di serenità espressiva: sì affaccia timidamente, si presenta con un leggero sussurro per farsi ascoltare e poi colpire il sentimento di chi vuole incontrarla.

La tavola rappresenta un San Giuseppe intento ad effettuare i lavori di falegnameria. Trattasi di un Santo giovane (quasi moderno), capelli lunghi legati a coda di cavallo, l’espressione del viso pensierosa e nel contempo serena.

Un bambino “Gesù”, seduto su una panca gioca con due pezzetti di legno. Il suo gioco è profezia, destino, dramma: “la croce”. I toni tragici del futuro sono attenuati dalla dolcezza del fanciullo (anch’egli moderno, un caschetto biondo), dai gigli e dal fascio di luce che partendo dalla finestrella posta sopra il soffitto illumina con dolce soavità il volto del” Gesù”.

Nella rappresentazione del Santo a cui l’opera è dedicata è possibile intravedere un animo nobile, puro, pulito. L’immagine corrisponde ai canoni dell’armonia e dell’equilibrio sia nei colori che nelle immagini. Evidenzia forte capacità descrittiva di fatti e personaggi dove la riconoscibilità prevale sulla forza evocativa.

Un'opera serena (come si evince anche dallo scorcio paesaggistico che si intravede dalla finestrella e dalla dolcezza dei colori tenui e quasi monocromatici). E una opera prevalentemente ieratica, sacrale che genera un senso grave e solenne di devozione. 

Prof. S. Caruso